È urgente «rianimare la speranza» promuovendo la cultura della vita e la scelta della trasmissione della vita, senza la quale «nessuna forma di organizzazione sociale o comunitaria può avere un domani». Per questo la Chiesa deve farsi promotrice di «un’alleanza sociale che promuova la cultura della vita, mediante la proposta del valore della maternità e della paternità», che favorisca «l’impegno legislativo degli Stati per rimuovere le cause della denatalità con politiche familiari efficaci e stabili nel tempo» e che impegni «ogni persona di buona volontà ad agire per favorire le nuove nascite e custodirle come bene prezioso per tutti, non solo per i loro genitori». È quanto scrivono i Vescovi italiani nel Messaggio per la 47.ma Giornata nazionale per la vita (2 febbraio), sul tema «Trasmettere la vita, speranza per il mondo. Tu sei indulgente con tutte le cose, perché sono tue, Signore, amante della vita» (Sap 11, 26). Una Giornata che si celebra nel contesto del Giubileo, e quindi nel segno della speranza.
I Vescovi ammettono che la situazione attuale non aiuta a credere nel domani, davanti alla «strage degli innocenti» di tanti bambini a causa delle guerre, delle migrazioni, delle malattie e della fame, senza dimenticare «quelli cui è impedito di nascere». Questo, sottolineano, induce molti «a pensare che non valga la pena impegnarsi per rendere il mondo migliore e sia meglio evitare di mettere al mondo dei figli». Ma si chiedono: «Quale futuro c’è per una società in cui nascono sempre meno bambini?».
La risposta è che «abbandonare uno sguardo di speranza, capace di sostenere la difesa della vita e la tutela dei deboli, cedendo a logiche ispirate all’utilità immediata, alla difesa di interessi di parte o all’imposizione della legge del più forte, conduce inevitabilmente a uno scenario di morte…